Con piorrea, o parodontite, s’intende la patologia che compromette l’osso del parodonto e le altre strutture che supportano i denti. Se acuto questo disturbo può portare ad un’infezione delle gengive, alla mobilità dei denti dalla sede originaria fino a compromettere la masticazione e, nei casi più gravi, anche la struttura ossea.
Diventa quindi necessario intervenire tempestivamente per riportare la situazione sotto controllo.
Parodontite: la diagnosi
La diagnosi della piorrea è effettuata dagli specialisti grazie all’anamnesi, un esame generale della bocca del paziente e radiografie. Durante la visita viene valutata con attenzione la forma ed il colore delle gengive e delle mucose, la presenza di placca e batteri e la mobilità dentale. Utili al fine di una diagnosi certa della parodontite sono le sonde parodontali, strumenti utilizzati per verificare la presenza di tasche nei tessuti parodontali. Con gli esami radiografici invece si ottengono importanti informazioni utili al fine di individuare la terapia più corretta per il paziente. E’ bene sapere che fumo, farmaci particolari, diabete e alcune malattie sistemiche possono favorire l’insorgenza della parodontite.
Terapia causale
Per i soggetti con parodontite è fondamentale la terapia causale, che consiste in un trattamento di igiene dentale professionale atto a rimuovere placca batterica e tartaro sopra e sottogengivale. Il paziente verrà inoltre informato sulla malattia parodontale e sui corretti metodi di pulizia del cavo orale. La pulizia professionale contribuisce al miglioramento della situazione del paziente e dovrebbe avere tra i suoi obiettivi anche la sua motivazione a partecipare attivamente alle cure. Nei casi critici, per eliminare le sacche batteriche che sono causa della parodontite è necessario accompagnare la terapia causale ad un intervento chirurgico. I casi più gravi possono portare alla perdita ossea e rendere necessario un impianto, un intervento di innesto osseo o di rigenerazine.
Impianti dentali e parodontite
Fino a poco tempo fa, nel caso di paziente affetto da parodontite, si procedeva all’estrazione dei denti compromessi e, solo una volta che i tessuti si erano sfiammati si poteva procedere al posizionamento degli impianti dentali. Il tempo impiegato dai tessuto per stabilizzarsi dopo l’infiammazione era circa due mesi, periodo nel quale il paziente doveva stare senza denti oppure portare una protesi. Era sconsigliata infatti l’installazione di impianti a carico immediato per i casi con infezione.
Interventi tradizionali
Oggi è possibile garantire il posizionamento degli impianti anche sui supporti dentali a rischio come quelli dei pazienti con piorrea. Gli interventi tradizionali solitamente si sviluppano secondo due fasi. Durante la prima fase si preparano le mandibole e le mascelle ad accogliere gli impianti, mentre nella seconda si procede all’avvitamento dei ponti o delle corone dentali che sostituiranno i denti.
Tipologie di impianto dentale
L’implantologia moderna si serve di impianti endossei fissi per sostituire le radici dei denti che sono venuti a mancare. Si può dire quindi che queste strutture siano una radice artificiale sostitutiva del dente che è stato estratto. Gli impianti dentali permettono l’osteointegrazione, ricreando una continuità tra le gengive e le strutture ossee del paziente. La loro applicazione non è dolorosa e il materiale in titanio garantisce una percentuale bassa di rigetto nei soggetti. I tipi di impianto dentale generalmente usati sono di due tipi: sommersi o transmucosi. Quelli sommersi vengono posti sotto la mucosa della bocca, mentre i transmucosi vengono fuori dalla mucosa e rendono possibile l’immediata preparazione della bocca alla protesi.
Tecnica implantare
Una delle tecniche più usate oggi per l’impiantologia in paziente con parodontite è quella implantare. Questa tecnica consente di ridurre le fasi per posizionare l’impianto, in quanto permette di applicare le corone dentali subito dopo aver sistemato la struttura su mascelle e mandibole. L’unico limite della tecnica implantare è che può essere applicata solo nei pazienti la cui paradontite non abbia ancora manifestato infezione o infiammazione, in modo da non compromettere in nessun modo l’intervento e la sua funzionalità. L’implantoprotesi più recente è detta microinvasiva e punta ad offrire ai pazienti il massimo del comfort possibile. La tecnica microinvasiva mira a valutare ogni caso attentamente, visto che non sempre è necessario ricorrere ad incisioni o allo scollamento dei tessuti. Con questo metodo il posizionamento degli impianti richiede brevi tempi di attesa procurando un dolore minimo, talvolta anche inesistente.
Rigenerazione ossea
Un’altra soluzione per la paradontite potrebbe essere la terapia parodontale laser. Gli specialisti possono con questa tecnica tenere sotto controllo le infezioni ed inserire gli impianti anche per i pazienti che hanno ormai contratto infezioni gravi. Questo trattamento è reso possibile grazie al laser, che riesce anche a rigenerare l’osso compromessosi nei casi più gravi di piorrea, grazie all’nserimento di innesti nella struttura ossea.